Ho incontrato e intervistato Marcella Stilo per iodonna.it sei anni fa, quando il suo brand Cartalana era appena nato. La sua storia mi interessava per diverse ragioni: la capacità di reagire creativamente alla perdita del lavoro come addetto stampa, in conseguenza della crisi economica del 2008, e il settore completamente diverso nel quale aveva deciso di mettersi coraggiosamente in gioco: quello dei gioielli ecosostenibili. Sei anni dopo, un’altra disastrosa crisi economica, questa volta provocata da Covid-19, ci fa incontrare di nuovo. E sono di nuovo le stesse ragioni di allora, nel 2014, a farmi venire voglia di riprendere a raccontare di lei, del suo percorso. A farmi venire voglia di dare voce a questa giovane donna, che stimo certamente per il suo lavoro, ma anche – e per me non è affatto secondario – per le modalità con cui l’ho vista muoversi in questi anni in un mondo per niente facile. Onestà, coerenza, tenacia: merce rara di questi tempi, per la quale tocca sempre pagare un prezzo.
Ci siamo lasciate con Cartalana agli inizi, si può dire, e ti ritrovo oggi con una collezione di gioielli, “Stone”, ispirata ai paesaggi della Calabria, tua terra d’origine, in finale alla Biennale di Lucca 2021, nella nuova sezione “Paper Fashion” . Diciotto finalisti tra gli ottanta provenienti da tutto il mondo… Upcycling, economia circolare, sostenibilità: vuoi vedere che anche in Italia qualcosa sta cominciando a cambiare?
Nella sua tragicità, la pandemia ha spinto sui temi della sostenibilità anche nell’ambito della moda italiana. Armani stesso ha recentemente preso posizione in merito alla necessità di trovare un equilibrio tra i bisogni dell’industria e l’ambiente – alla Milano Fashion Week 2020 ha presentato una collezione maschile tutta improntata al riciclo… Comunque rispetto ad altri paesi siamo andati a rilento, stiamo cominciando a muoverci adesso. In questi anni i feedback sui miei gioielli mi sono arrivati soprattutto dall’estero, infatti, dove il green ha sicuramente un’altra eco. Da noi l’interesse per le mie creazioni ha riguardato finora soprattutto la tecnica che utilizzo, cioè la filatura con il fuso, a mano, della carta. Per quanto riguarda “Stone” sono ancora incredula. Il progetto è frutto della collaborazione con Alberto Bottan (Albert Oo), designer e product manager del Gruppo Nuvolari, che dopo una lunga carriera nell’ambito dello streetwear e della moda maschile, si è recentemente avvicinato al mondo del gioiello con una sua linea di anelli in argento personalizzati. Il design di “Stone” è suo, le realizzazioni mie.
Questo della Biennale è un gran bel traguardo per il tuo brand, ma non sono stati anni facili…
No, non sono stati anni facili. Sono stati anni di costruzione intorno a un progetto che forse era un po’ troppo in anticipo sui tempi. Per capire Cartalana, per cogliere il messaggio che sta dietro l’oggetto, bisogna bypassare il discorso sulla preziosità: è un salto concettuale. Non so se sia un limite culturale nostro, ma pare che ora, finalmente, anche in Italia i tempi siano maturi. Per Cartalana e per me, “Stone” ha comunque aperto una nuova era.
Questi mesi di lockdown hanno influito sulla tua attività imprenditoriale? In che modo?
È curioso, ma in realtà questo momento terribile si è trasformato per me in un’occasione favorevole. L’anno scorso avevo accettato un contratto a termine come addetto stampa per un sindacato. Cartalana stava ormai marciando per conto suo, autonomamente, io avevo bisogno di staccare, di fare qualcos’altro. Il contratto col sindacato scadeva proprio il 4 marzo scorso. Così da un giorno all’altro mi sono ritrovata chiusa in casa, come tutti. Quello che mi ha meravigliato è che in quei giorni il mio amore per questa creatura, questo brand nato in un altro frangente economico difficilissimo, mi è tornato fuori prepotentemente. Ho ricominciato a lavorare a tempo pieno ai miei progetti, consapevole che l’attività di addetto stampa, pur interessante, alla fine non era quello che volevo. È il contatto con la carta quello che sento veramente autentico, che mi rispecchia: Cartalana sono io. Tra l’altro, la collaborazione con Bottan era già iniziata e mi stimolava parecchio.
In che termini si realizza la vostra sinergia?
Io butto giù le idee, lui le definisce: in questo modo la resa dei gioielli è diversa. Unendo il design al saper fare, la sostenibilità ha un altro appeal.
E adesso?
Adesso andiamo avanti. Dopo “Stone”, dove abbiamo messo in scena gioielli ispirati alla Costa degli Dei, in Calabria, mare e rupi tufacee, dove la pietra rappresenta un ritorno alle origini, alla terra, presenteremo a breve un’altra mini-collezione. “Antigone Cosmica” uscirà all’estero, in più gallerie d’arte dedicate al gioiello contemporaneo.
Perché la figura di Antigone?
Perché Antigone rappresenta la Legge naturale che si contrappone alla Legge storica: Creonte, il re di Tebe. Antigone è una metafora della “trasgressione”, che nella fattispecie io interpreto come la possibilità di trasgredire le regole imposte dal Paradigma Fast Fashion. Con “Antigone Cosmica”, insieme a Bottan propongo una produzione lenta, sostenibile, realizzata con materiali naturali e di riciclo. È la metodologia stessa a scardinare le regole: la filatura della carta con il fuso a mano, pur mantenendo uno stretto legame con la tradizionale filatura della lana, “trasgredisce” regole passate, indicando per la contemporaneità nuovi significati.
Qualche anticipazione su “Antigone Cosmica”?
La tecnica prevede sempre la filatura a mano della carta. In questo caso si tratta di carta velina bianca, che impieghiamo per rivestire cerchi di alluminio, e poi quei raggi di ottone che strutturano gli intrecci di spirali e incroci del gioiello, essenziali per la sensazione di morbidezza e movimento del risultato finale.
Un concept diverso da quello di “Stone”…
I gioielli di “Stone” sono stati immaginati come gioielli-amuleto. Sono materici ma leggeri, un po’ dark. Parlano di rinascita – dalla pietra al centro della terra al ritorno all’interiorità. Per questo lavoro, oltre alla filatura della carta abbiamo voluto sperimentare la doratura a missione e la cartapesta. Sia con “Stone” sia con “Antigone Cosmica” il nostro scopo è incontrare un pubblico e un mercato più consapevoli dell’urgenza di scelte sostenibili in ogni ambito della vita. Moda compresa.
Il lavoro dello scultore e performer ecologista Ivano Vitali, che è stato così importante per te, per le tue scelte agli esordi di Cartalana, cioè questa idea di natura come modello biologico che utilizza gli scarti per farli rinascere, ti ha portato a elaborare e realizzare nei mesi della pandemia anche un progetto “sociale”, finalizzato ad aiutare concretamente alcune famiglie, che per mancanza di mezzi si sono trovate in difficoltà con la didattica a distanza. Quel filo di etica che caratterizza i tuoi gioielli, insomma, non ti lascia mai. Come è andata?
Il progetto #PerFareunFiore si è concluso il 6 giugno scorso ed è nato perché insieme a ReMida Bologna Terre d’Acqua sono stata contattata da Paper Factory per realizzare con i loro scarti di lavorazione qualcosa che potesse essere venduto per aiutare la Protezione Civile. Dato che tutti, in quei momenti, si stavano più o meno dando da fare per la Protezione Civile, ho proposto invece di destinare il ricavato dell’iniziativa ai bambini che, a scuole chiuse, non avevano i mezzi per fruire della didattica a distanza. Ci siamo trovati tutti d’accordo e ci siamo subito messi al lavoro. La promozione ci ha portato via circa un mese. Gli acquisti avrebbero supportato il progetto Matita Sospesa, promosso da Nonna Roma Arci Roma, nato sul modello del “caffè sospeso” napoletano, e il progetto Don’t Panic – Organizziamoci, promosso da Arci Bologna.
L’esito?
Non quello che ci aspettavamo. Non avendo un approccio consolidato alla comunicazione e neanche i numeri per agganciare un grande pubblico, la raccolta fondi non è stata eclatante. Resta l’esperienza, sicuramente ottima, dell’avere fatto rete e conosciuto altre situazioni, di avere imparato qualcosa di nuovo in merito all’organizzazione di un evento. D’altra parte, non era nelle mie intenzioni vendere un momento della mia vita e me stessa approfittando della situazione.
Tornando alla collaborazione con Alberto Bottan, quali saranno i vostri prossimi appuntamenti?
Il lockdown ha fatto saltare diverse date, tra cui il Fuorisalone di Lambrate, a Milano. AltaRoma sarebbe in programma per ottobre, ma chissà. La Biennale è l’anno prossimo… Vedremo! Quello che ci è chiaro è che vogliamo esplorare il settore della moda sostenibile. E che vogliamo farlo con collezioni più circoscritte rispetto alle mie di prima. Questo sembra essere un buon momento: la carta sta conquistando una sua autorevolezza anche nel nostro Paese.
Stai pensando di “diventare grande”?
In questa fase della mia vita, in questo momento così particolare del dopo pandemia, sì, vorrei provarci. Prima d’ora non avevo mai pensato di strutturare una vera e propria catena commerciale. Forse per dei limiti miei. O forse perché trovare compagni di strada capaci di allinearsi con le storie che vuoi raccontare non è così scontato.
Di gavetta alle spalle ne hai a sufficienza, a cominciare dalle fiere di settore in tutta Italia…
Le fiere sono state superformative. Ho incontrato migliaia di persone, un pubblico col quale ho potuto confrontarmi direttamente, a differenza di quanto avviene con i video, dove non hai il polso della situazione, l’impressione immediata. Però quell’esperienza è finita, si è esaurita. Invece non ho mai voluto fare i cosiddetti “mercatini”. Credo sia dipeso dal fatto che quello che avevo in mente, che facevo, veniva di solito molto frainteso… Col senno di poi, mi dispiace di avere saltato questo step, avrei avuto l’opportunità di misurarmi con un altro tipo di target.
Che cosa ti ispira?
Il primo amore sono stati i libri. Poi è arrivato il cinema. Mi piacciono in particolare le pellicole vecchie, quelle restaurate, come “Il Gattopardo”, per esempio, che ho rivisto in una versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, per la quale ho un’adorazione. Sono curiosa. Ho delle fisse periodiche. Il surrealismo, il dadaismo, il cinema russo… Assecondo i miei momenti. Probabilmente in questo modo risolvo delle cose che ho dentro.
Un regista contemporaneo?
David Lynch. Ora e sempre.
In chiusura… Ti definiresti un’artista?
Mi hanno sempre definito così gli altri. Ma cosa vuol dire “artista”? Vuol dire tutto e niente. Per me quello che conta è la materia, che è una scoperta continua: la materia e il pensiero che ci sta dietro.
P.S. In copertina: Orecchini della Collezione “Antigone Cosmica” indossati da Marcella Stilo.