Guardiamoli in faccia!

Da qualche tempo ho preso a immaginare la lingua tedesca come una scala. In alto, all’ultimo gradino, ci stanno le parole da imparare per la vita di tutti i giorni: buongiorno, buonasera, che lavoro fa, vorrei un chilo di mele, che ora è, quanto costa questo, quanto costa quello, eccetera. Poi via via, a scendere, mi sono figurata appollaiate parole più complicate. Parole più fini, che rimandano all’astratto e che hanno significati diversi a seconda dei contesti – regione, generazione, professione… A seguire, andando ancora più giù, ecco arrivare le parole della letteratura, quelle della poesia. Tutte da approfondire. Da studiare.

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

La consapevolezza di conoscere il tedesco soltanto superficialmente, di essere seduta cavalcioni lassù, proprio sull’ultimo piolo della scala, mi ha costretto in questi mesi a ricorrere spesso ai sensi, specie la vista. Ci sono scorciatoie, per capire. Per lo meno nella vita spicciola. Gesti. Espressioni facciali. Corpi che tradiscono emozioni.

Mi è accaduto ciò che accade per certe fotografie. Dove a volte un viso, una posa, un abito, uno sfondo… rivelano molto.

Il presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping (a sinistra) e la guida suprema della Repubblica Popolare Democratica di Corea (Corea del Nord), Kim Jong-un.

Alla lunga il non poter contare su un lessico ricco, sicuro, in un paese straniero, il dover appunto ricorrere a scorciatoie; questa nuova abitudine mi ha indotto ad abbassare anche il volume di quell’italiano chiacchierato che mi arriva tramite i media televisivi del mio Paese.

In particolare durante i notiziari e gli approfondimenti politici, più che ascoltare, mi capita sempre più spesso di osservare.

Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan.

I politici italiani parlano molto. I giornalisti intrattenitori altrettanto. Gli specialisti ne sanno sempre una più del diavolo. Sicché da tempo li osservo in viso, come si muovono, attentamente. È stato e continua a essere un esercizio utile.

Per comprendere che cosa?

Semplice: per comprendere se stanno mentendo.

A parte casi eclatanti, di certi pagliacci manifestamente bugiardi, che non si capisce come riescano a mantenere la testa dei loro partiti e ad avere pure un seguito, molti dei politici nostrani mi sembra che effettivamente non ce la stiano contando per niente giusta. In questi ultimi mesi assisto quotidianamente alla medesima rappresentazione.

Strano, una certa parte della classe politica italiana sembra avere mandato a memoria lo stesso copione.

Prima che senatori, deputati, sottosegretari e via discorrendo aprano bocca a rotazione, soltanto dal modo in cui muovono la testa, fissano la telecamera, si aggiustano bocca e caschetto (talune signore), so già quello che diranno, pause a effetto comprese.

Liberi di esibirsi, per carità.

Quello che mi sorprende, però, è che partiti diversi, in particolare di destra e centrodestra, battano invariabilmente gli stessi tasti, usando perfino le stesse parole d’ordine. Devono essere convinti che il vecchio motto latino “repetita iuvant” sia il meglio che si possa offrire agli elettori italiani.

Di questa farsa, i media sono generalmente complici.

A parte gli altrettanto eclatanti casi di giornalisti prezzolati, onnipresenti e onniscienti, esiste infatti tutto uno stuolo di giornalisti “portatori di microfono” che si guarda bene dal fare domande pertinenti: solitamente i giornalisti portatori di microfono se ne stanno appostati fuori dei palazzi, convinti che il loro compito sia principalmente quello di riferire. Una “notizia” via l’altra. Il tale ha detto questo, il talaltro ha risposto quello. Il risultato, per chi sta al di qua dello schermo, è una certa confusione, condita di termini dei quali la maggior parte degli italiani non sa il reale significato. “Spread” in primis. Tuttora. Per non dire di “prescrizione” o “Lodo Conte bis”.

Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Vladimirovič Putin.

Tornando però all’osservazione dei volti, dei corpi, possiamo davvero credere che quanto dicono A, B e C, o le signore D e F, per esempio, sia davvero per il bene del Paese e non, piuttosto, a beneficio dei loro interessi personali, di partito e di casta? Guardiamoli con attenzione, una volta tanto, invece di dargli ragione o, al contrario, mandarli semplicemente a quel paese inforchettando gli spaghetti.

Se in mezzo al bla bla con cui cercano di darcela a bere, riusciamo ancora a ragionare con la nostra testa, rammentiamoci che cosa hanno fatto quando sono stati al governo. Perché al governo, questi, gli A B C D e F, ci sono stati tutti: governo centrale e giunte locali.

Proviamo a esercitare la memoria, ognuno per sé. Senza pistolotti.

Per quanto mi riguarda, mi basta soltanto fare mente locale sul discorso mafie. Che negli ultimi trent’anni hanno proliferato inquinando il santissimo “libero mercato” e la nostra vita quotidiana – cibo, aria, rifiuti – con appalti e investimenti “puliti” in tutta la penisola e all’estero. Come può essere accaduto senza la connivenza di uomini e donne delle istituzioni e il silenzio egualmente connivente del cosiddetto quarto potere?

Il presidente dell’Egitto, Abdel Fattah al-Sisi.

Basta guardarli in faccia per capire?

Sì, a volte basta solo guardarli in faccia.

Quando però arrivano a dire che hanno agito per difendere la patria, e lo affermano in parlamento, nel parlamento di quello stesso Paese dove ottanta anni fa è stata combattuta una guerra di liberazione – una vera guerra di liberazione, da veri aggressori, con gente morta veramente per difendere la libertà; quando in Senato, chiamati a rispondere del loro operato, non si vergognano di tirare in ballo i propri figli, allora anche il mio piccolo, sciocco esercizio di studiarmi le mimiche facciali e le gestualità non serve.

Non solo non c’è più molto altro da ascoltare, non c’è nemmeno più una faccia da guardare.

Edvard Munch (1863-1944), Urlo (litografia).

 

P.S. In copertina: il partigiano socialista Sandro Pertini, settimo presidente della Repubblica italiana.

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