Non è che se il vicepremier Luigi Di Maio e l’ex deputato del M5S, Alessandro Di Battista, mi danno della puttana e della pennivendola mi offendo più di tanto. Da noi, in Veneto, si dice: “l’è una roba da tri bessi e un franco”. Giorno dopo giorno, dichiarazione dopo dichiarazione, il livello di certi politici del mio Paese si commenta infatti da solo. Quello che mi dà da pensare, invece, è la levata di scudi del mio Ordine, dei colleghi giornalisti. Per carità, ci sta: come da copione. Ma qualche riflessione, specialmente dagli alti ranghi, me la sarei anche aspettata.
…O i panni sporchi è meglio lavarseli in casa?
Oggi come oggi, il mondo del giornalismo italiano è in larga parte “precario” – non metto i link ai dati, i colleghi sanno benissimo di cosa sto parlando. Niente contratti, paghe da fame: cinque Euro a pezzo o post quando va bene, a volte meno. Ergo, per chi giornalista non è e crede ancora di essere informato, notizie spazzatura, quasi mai verificate, e copie di comunicati stampa.
La mia esperienza è stata per alcuni anni venticinque Euro a post, tassati. Notizie, approfondimenti, interviste, foto, telefono, internet, trasferimenti: tutto a mio carico. Niente assicurazione, niente malattia, niente di niente. Ma mi è andata meglio di altri, sono stata fortunata, perché almeno ho avuto il “privilegio” di lavorare per un grande Gruppo editoriale!
I calcoli, però, si fanno in fretta. Se lavori bene, con venticinque Euro tassati guadagni meno, infinitamente meno, di un cinese blindato in un sottoscala, sfruttato dalla mafia. E pensare che il mio lavoro è stato di piccolo cabotaggio! Perché, se per caso mi fosse venuto in mente di correre dei rischi, poniamo andando a ravanare su quanta droga passi dalla SS45, allora be’… forse venticinque Euro a pezzo o post, senza uno straccio di contratto, senza uno straccio di giornale che ti pubblichi e ti copra, be’… magari venticinque Euro, a pensarci bene, per quanto amore si porti alla professione… no, decisamente: venticinque Euro non valgono la pelle.
O no?
Cosa si rischia a fare i giornalisti sul serio lo sanno bene i Colleghi (questi sì con la “C” maiuscola) Gabriele Franzini e Sabina Pignedoli, per esempio, sotto minaccia della ʼndrangheta in Emilia Romagna. Di plateali levate di scudi per loro, però, a parte l’Assostampa e l’Ordine dei Giornalisti di questa regione, che al processo Aemilia si sono costituiti parte civile, dalle odierne, risentite star del giornalismo non mi pare che in questi lunghi mesi ne siano arrivate più di tanto.
Ho fatto questi nomi non a caso, perché una cosa mi è sempre stata chiara fin da quando, giovanissima, facevo la gavetta in provincia e di iscrivermi all’Ordine non ne volevo proprio sapere: i politici dicono sempre le stesse cose e se gli stai appresso, qualsiasi cosa tu scriva, a loro gli fai solo della gran pubblicità. E gratis. Certo, puoi beccarti qualche querela, ma dove invece ti fai davvero male, e tanto, non è di sicuro il mondo della chiacchiera di palazzo. È nel mondo degli affari che ti rompi le ossa, che ti fracassi il cranio: è lì che sta la cancrena, e il puzzo può essere letale.
Mi sono sempre domandata, per esempio, se e chi abbia raccolto l’eredità di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Se ci sia stato qualche giornalista, di quelli famosi, quelli da prima pagina, che in questi anni abbia avuto l’estro di continuare il loro lavoro in Somalia. Il nostro è un Paese dove tutte le sere in TV si commemora un morto, si fa un discorso ufficiale. Si piange per le vittime di un ponte, per alluvioni devastanti, valanghe, terremoti… ma gli unici a saltare in aria, in Italia, sono sempre e solo, guarda caso, i magistrati, i giornalisti, gli imprenditori e la gente onesta. La “casta” sopravvive a tutto. Tanto domani è un altro giorno e dal cilindro della politica spunterà un altro coniglio, buono per un altro palinsesto.
Tornando al tema: noi giornalisti siamo o non siamo delle puttane? Per quanto mi riguarda, negli anni passati in questo variegato mondo ho avuto modo di incontrare diversi tipi di “puttana”: dalle squillo di lusso a quelle da pochi soldi. C’è chi, per mantenersi il posto nel giornaletto di provincia, o per vedersi il nome pubblicato, si arruffiana il direttore e non mette penna dove sa che alla proprietà non è gradito – e questo è il primo gradino. C’è chi allestisce talk show spettacolari per volgarità, che tutto sono fuorché informazione – e questi sono i “vip”. Le domande scomode, nel piccolo come nel grande, a farle sono davvero in pochi. Le inchieste vere ancora meno.
… Ma non credo che il vicepremier Di Maio e l’ex deputato Di Battista si riferissero a questo, quando ci hanno dato delle puttane e dei pennivendoli. Perché al Sistema tutto questo fa comodo.
Ci hanno lanciato l’amo e alcuni di noi hanno abboccato.
Personalmente, se non sono stata mai una puttana, pur di lavorare, per un certo periodo ho comunque accettato condizioni inaccettabili: svendere la propria esperienza, le proprie competenze, per cinque o venticinque Euro a pezzo o post è, infatti, indecente. Ne va del rispetto di noi stessi, della nostra credibilità. Ne va, soprattutto, di quella “libera informazione” di cui tanto si parla e che molti giornalisti, ricattati e ricattabili, oggi non sono più in grado di garantire. Una cosa è certa: finché non guarderemo in faccia la realtà per quella che è, finché resteremo divisi, la situazione non cambierà. Con i risultati disastrosi, in primo luogo per la democrazia, che sono sotto gli occhi di tutti.