Luxus in Seide è il titolo di una piccola, sfiziosa e ben documentata mostra sulla moda femminile nel XVIII secolo, che il Germanisches Nationalmuseum di Norimberga ha programmato fino al 6 gennaio prossimo.
Ho voluto vederla prima che chiudesse i battenti e visitandola mi sono chiesta a chi fosse indirizzata. Studiosi e appassionati d’arte, romanzieri, attori, qualche curioso? Queste categorie potrebbero rientrare tutte in un ipotetico target.
Quanto a me, non mi sono riconosciuta in alcuna tipologia. Per quanto surreale possa sembrare, questa mostra l’ho infatti attraversata immaginando di essere due altre persone, che a tratti sono addirittura diventate anche di più. Per semplificare, qui darò conto però soltanto della strana coppia che ha avuto la meglio.
Il percorso di “Luxus in Seide” è costruito a semicerchio. All’andata sono stata la costumista Milena Canonero, al ritorno il fu Edward Carr: storico, giornalista e diplomatico britannico.
Non me ne voglia la Signora Canonero se per un’ora mi sono immischiata nelle faccende sue, del suo lavoro, ma quando ho visto questo paio di scarpe ricamate d’impronta cinese
e poi quest’altro, con sofisticati ricami metallici, originariamente accessoriato di fibbie
o anche queste pantofole, realizzate per piedini non precisamente da Cenerentola (dove destra e sinistra sono identiche)
e ancora queste, di ciabattine, decisamente frou-frou
… mi perdoni la Signora Canonero, ma non ho potuto fare a meno di pensare a lei, a questa italiana di Torino, Premio Oscar 2007 per i costumi di Marie Antoinette, il film di Sofia Coppola sull’omonima, sciagurata regina di Francia.
Marie Antoinette doveva avere cinque o al massimo dieci anni quando la moda francese presentata in “Luxus” imperversava in tutta Europa. Tuttavia nel film della Coppola riusciamo ancora a intravedere lo strascico di queste lussuose mise – metri e metri di seta – come testimonia il pezzo forte della mostra: l’Andrienne o “robe à la française”, il lungo abito completamente aperto sul davanti che il Germanisches Nationalmuseum ha acquisito l’anno scorso da privati tedeschi.
I fianchi larghi, tipici dell’epoca (questa Andrienne è del 1757) si devono alla “hoop petticoat”, detta anche “jupe de baleine” in francese, una sorta di ingombrante sottogonna sostenuta da stecche di balena (crinolina).
Eccone alcuni esempi, la versione lunga (in primo piano) e quella corta (sullo sfondo).
E quest’altro tipo, in seta rossa con apertura laterale, facente parte anch’esso della recente acquisizione museale.
Nel prosieguo del film “Marie Antoinette”, i vestiti si accorciano. Vediamo scarpini, calze e… caviglie. Nel suo Petit Trianon la regina di Francia indossa abiti chiari di mussola, più semplici, con gonne arrotondate – nella sua ricostruzione la Canonero è stata “filologicamente” impeccabile. È presumibile, però, che la modista personale della regina, Madame Marie-Jeanne Rose Bertin, proponesse ancora, almeno per la vita di corte, accessori come questi che seguono, adeguandoli naturalmente al rango della sua committente, passata alla storia (anche) come fashion victim ante litteram.
Uno sfarzoso ensemble composto da pettorina, colletto e manicotto.
Gli immancabili guantini ricamati (“mitaines”).
Calze e…
… giarrettiera.
Borsetta e ombrellino in tinta.
Per quanto riguarda i cappellini, ho qualche dubbio che Marie Antoinette avrebbe potuto indossare gli esemplari sotto teca. Le acconciature che “Monsieur Léonard” (Léonard-Alexis Autié) creava appositamente per lei, erano infatti talmente alte (sostenute da fili metallici) e guarnite di tante e tali stranezze, che sarebbe stato impossibile aggiungere alcunché. Giusto appena le famose tre piume “à la ques-à-co”…
Comunque, ecco un esempio di copricapo che alla metà del XVIII secolo deve essere stato parecchio à la page. Il modello? Un insolito “boat-shaped headdress”… “di squisita fattura” – così vien detto nelle note esplicative a corredo.
I tesori di “Luxus in Seide” non sono soltanto questi, s’intende. Per una panoramica completa, immagini professionali (compresi i gioielli) e spiegazioni scientificamente esaustive basta un clic qui (video in tedesco).
A questo punto, prima di congedarmi dalle notazioni della Signora Canonero e passare al professor Edward Carr, voglio concedermi un intermezzo. E cosa può esserci di più calzante, dopo tanto mio cianciare di, e su Marie Antoinette, se non intrufolarmi a Versailles e rivedere la famosa scena dello shopping di Sua Maestà, così come se l’è figurata Sofia Coppola nel suo film, in divertita chiave pop?
Perché pop?
- Perché la colonna sonora dei Bow Wow Wow è una cover di “I Want Candy”, scritta e registrata per la prima volta nel 1965 dal gruppo The Strangeloves.
- Perché quasi tutte le scarpe sono state disegnate dallo stilista Manolo Blahnik.
- Perché le Converse che si intravedono per un secondo tra le “storiche” calzature sono modello Chuck Taylor All-Star.
- … E perché l’attrice che presta la sua faccia a Marie Antoinette è Kirsten Dunst.
Eccomi quindi pronta a tornare sui miei passi per rivedere “Luxus in Seide” dal principio. Con altri occhi. Quelli appunto del professor Edward Carr.
L’autore di Sei lezioni sulla storia si troverebbe certamente a suo agio a braccetto della Signora Canonero. I due chiacchiererebbero scambiandosi considerazioni su questo e su quello. Il professor Carr apprezzerebbe la straordinaria competenza professionale della sua compagna, non disdegnandone peraltro anche il fascinoso garbo. E lei, la Signora Canonero, lo ascolterebbe nello stesso religioso silenzio di uno studente di Cambridge nel 1961, quando, tra gennaio e marzo, il professore vi tenne le sue famose conferenze sulla storia.
Di fronte a questo pannello che apre la mostra, quale potrebbe essere, per esempio, il commento di Edward Carr?
Se non ho interpretato male il senso delle “Sei lezioni ”, in questa rassegna di mestieri legati al mondo della moda nel XVIII secolo il professor Carr individuerebbe ottimi spunti per altrettante, articolate indagini storiche. Dietro quest’elenco si cela, infatti, una miriade di informazioni sull’Ancien Régime: dall’economia alla politica alla vita quotidiana fuori dei palazzi. Senza contare la tecnologia, il costume, la cultura…
«I “fatti storici”sono frutto dell’interpretazione arbitraria degli storici e dunque, da dove preferirebbe partire, mia cara Signora Canonero, per approfondire il periodo che ha preparato e preceduto di così pochi anni le cruciali rivoluzioni a venire? Dalla vita di un setaiolo o da quella di un fabbricante di parrucche? O magari le piacerebbe esplorare la bottega di un gioielliere, carpirne le tecniche?» domanderebbe il professore.
E mentre la Signora Canonero sarebbe totalmente assorbita dai dettagli dell’Andrienne, non ho difficoltà a immaginare che Edwar Carr si soffermerebbe piuttosto sul fatto che questo abito fu probabilmente confezionato per Juliana Luise Mauritia Eck (1739 – 1805) in occasione del suo matrimonio con il pastore Johann Christian Uschmann, matrimonio celebrato nel 1757 a Seegrehna, una cittadina poco distante da Wittenberg, nella Germania centrale.
Quanti figli avranno avuto? sono certa che si chiederebbe il professore. Perché la mortalità infantile a quell’epoca era molto elevata. Ma quanto più elevata tra i poveri? e quali le ragioni principali: la scarsità e scarsa qualità del cibo, le malattie endemiche o che altro? più in città o più nelle campagne?
Intanto, di quesito in quesito, i nostri giungerebbero di fronte a questa riproduzione satirica del 1750. L’autore, tal Johann Martin Will (1727 – 1806), se la prendeva in questo caso con la moda delle “hoop petticoats”: la trovava ridicola, ne condannava gli sprechi.
Ma il professor Edward Carr ancora una volta non si smentirebbe. Di qui muoverebbe a nuove riflessioni, ulteriori punti interrogativi: quali e quanti giornali erano pubblicati a Parigi all’epoca di Luigi XV? chi li faceva, chi li finanziava, chi li leggeva? e il ruolo della censura?
Tra un campione di seta e l’altro…
… repertori di motivi allegorici per ventagli (questi sono di Johann Esaias Nilson, 1721 – 1788)…
… ed embroidery patterns…
… la Signora Canonero e il suo mentore si troverebbero infine concordemente a sorridere su questa stampa proveniente da Augsburg e ispirata a una serie di pubblicazioni parigine, di moda e costume, molto popolari tra il 1778 e il 1785 in tutta Europa. A paragone di certe foto di moda odierne, “La Belle à Jambe” sembrerebbe loro, infatti, quasi un santino.
Quando finalmente mi decido a uscire, i due stanno ancora confabulando, pare proprio che in questo scrigno abbiano trovato ciascuno qualcosa di interessante. Quanto a me, anch’io non mi sono annoiata, e a giudicare dalle note che mi stanno arrivando dal Café del museo, credo che mi fermerò ancora un po’. Mi informo: sta per suonare un gruppo jazz. Mi sorprendo che i musicisti siano tanto giovani… Ma la gente sta già prendendo posto e se non voglio rimanere in piedi, forse è il caso che mi sbrighi.
N.B. In copertina La Marchande de modes, acquaforte di Robert Bénard (1769).